Di Roxane Escalettes
Stress, ansia e buco nello stomaco ogni mattina per andare a lavoro. Ecco il quotidiano di una giovane francese in uno studio legale.
“Sono vittima di continue vessazioni morali, i cui effetti sono tanto più pesanti in quanto ho sempre cercato di dimostrare professionalità e devozione nel mio lavoro”; così comincia il racconto di Clara, giurista in diritto sociale. Ci troviamo nel sud-ovest della Francia, in uno studio legale dove Clara ha iniziato come tirocinante, e sin da subito è stata vittima di mobbing da parte della sua responsabile.
Minacce, accuse infondate, atteggiamenti aggressivi, comportamenti manipolatori, rifiuto di comunicare o ancora mancanza di sostegno; le molestie possono assumere diverse forme e indubbiamente influiscono sulla vita sia professionale che personale dei dipendenti che le subiscono.
Clara, addetta allo studio da oltre tre anni, ci ha raccontato di come si sia resa conto, passo dopo passo, che i dispetti della sua superiore non erano le caratteristiche tipiche che un padrone dovrebbe possedere, ma che si trattava di molestie sul luogo di lavoro. “”Ora mi trovo in una posizione nella quale i miei diritti fondamentali, tra cui il diritto al rispetto, alla parità di trattamento e a un ambiente di lavoro privo di molestie, vengono infranti .”
Tutto è iniziato non appena arrivata in alternanza scuola-lavoro, durante la quale Laurence, la sua responsabile ufficiale, non l’ha minimamente aiutata, abbandonandola a lei stessa, nonostante fosse la sua mentore. “Mi sono spesso ritrovato a dover chiedere a Sarah, la responsabile delle paghe, cosa dovevo fare, il che ha compromesso la mia formazione giuridica.”
Molestie non significa solo persecuzione. La mancanza di impegno, di attenzione e persino l’assenza intenzionale di contatto con una persona, sminuendola e riducendola a meno di niente, è altrettanto grave. “Con Laurence comunichiamo soltanto tramite email: lei rifiuta sistematicamente qualsiasi scambio diretto con me, privilegiando gli intermediari, il che genera inutili tensioni.” Inoltre, Clara ci ha detto che “Laurence adotta sovente un tono di voce aggressivo nelle sue email professionali, senza mai mostrare il minimo riconoscimento. Non c’è mai un “grazie” o qualsiasi altro segno di gratitudine, il che rende la comunicazione particolarmente scortese e sprezzante.” Senza contare che Clara ha aggiunto: “Laurence sceglie di non rispondermi affatto, né a un “Buongiorno, né a un “Arrivederci” in caso di divergenze.”
Col tempo, il trattamento e i commenti sarcastici nei suoi confronti sono diventati insopportabili, ma la vicenda non finisce qui. Clara ci ha spiegato che “Ogni tentativo di smussare gli spigoli o di mantenere un rapporto professionale cordiale con Laurence ha portato a un aggravamento della situazione. […] Laurence ha ripetutamente minacciato di informare la direzione per spaventarmi, evocando dei fatti ingiustificati e ingiusti. Queste minacce si basano su elementi falsi, con l’obbiettivo di destabilizzarmi e mettermi sotto pressione.”
Fonte di stress e ansia, l’ambiente pesante di lavoro di Clara le impedisce di condurre una vita lavorativa serena: “Ho la sensazione di essere costantemente accusata, la sistematica svalutazione del mio lavoro e la mancanza di sostegno in determinati momenti mi hanno condotta a un crollo morale di fronte alla situazione.” Ed effettivamente l’accumulo di comportamenti nocivi non è ovviamente privo di gravi conseguenze per la vittima, che, oltre a dover rendersi a lavoro ogni mattina con il fastidioso buco nello stomaco, ha causato “un significativo deterioramento della mia salute mentale e fisica” come descrive lei.
Ma non solo: è tutto il suo contesto di lavoro che ne patisce: “Questo clima di lavoro tossico, instaurato da Laurence, ha non soltanto colpito la mia capacità di svolgere le mie mansioni in buone condizioni, ma ha anche creato un ambiente ostile e sgradevole tra il personale.” Clara racconta che “Diversi colleghi hanno lasciato l’azienda per colpa dell’ambiente tossico. Alcuni mi hanno confermato di essere stati vittime degli stessi comportamenti, a riprova di un vero e proprio mobbing all’interno del gruppo. Questi stessi collaboratori sono stati spesso costretti a dimettersi di fronte a questi comportamenti ripetitivi.”
Essere un capo non può mai giustificare un simile atteggiamento nei confronti di uno o più impiegati. Oggi, Clara non cerca soltanto di “segnalare episodi isolati, ma di denunciare un modello di comportamenti dannosi che non fa altro che distruggere il rispetto, la fiducia e l’armonia in un ambiente di lavoro.”